Voglio un amore fatto di anima.

Voglio un amore che sia libero. Libero da ogni pregiudizio, libero da ogni paura, insicurezza, diffidenza. Un amore che non lega, senza possesso. Un amore che ti renda, semplicemente, te stesso. Senza più voglia di scappare, di sentirsi inadatti, fuori luogo. Un amore che sappia renderti più buono, che sappia aprire la tua mente, che sappia farti vedere cose nuove con gli stessi occhi di sempre. Un amore che sappia darti di più, senza cambiarti.

Un amore senza voglio.

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Una fatina con le scarpe smeraldo.

Avrei voluto essere una piccola fatina, più piccola di Trilly, invisibile, e viverti accanto. Una fatina minuscola, dai capelli rossi e le scarpette smeraldo.

Avrei voluto ascoltare ogni tuo sospiro quando qualcosa non andava per il verso giusto e vedere con quale forza riprendevi il percorso per continuare lungo la tua strada.

Avrei voluto essere sempre lì, accanto a te, mentre tu eri ignaro della mia presenza. Mi sarebbe piaciuto, sai?

Una fatina che legge i pensieri.

Sorridere per una tua battuta, arrossire per un tuo pensiero un po’ intimo, scuotere la testa per la tua finta presunzione e sicurezza che ti ho sempre invidiato.

Sapere cosa pensavi di me, realmente, quando ti prendevo in giro, quando ti svelavo la parte di me più giocosa, quando mi prendevo cura di te con piccoli gesti, quando eravamo gomito a gomito in silenzio, quando portavo i capelli dietro l’orecchio. Cosa pensavi davvero?

Avrei voluto essere una piccola fatina.

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Ho un cuore da mettere in ordine.

Bene. Avevo dimenticato che aspetto avesse il mio blog. Lo so, sono una frana. Dovrei scrivere di più, credo. Il fatto è che non mi piace avere imposizioni. Scrivo per il piacere di farlo. Scrivo perché ho qualcosa da dire. Come nella vita, non mi piace parlare se non c’è bisogno della mia opinione. Forse, su questo punto, sbaglio. La gente si sente in diritto di esprimersi sempre su qualcosa, anche se non è richiesto. Un po’ come fanno su facebook. E a noi, poche anime silenziose, tocca leggere i vari “Blablabla”.  Ma non sono qui per parlare di questo.

Ultimamente mi sono sentita a “disagio” con me stessa, e con gli altri. Come se avessi qualcosa fuori posto, poi ho capito. Avevo troppe cose fuori posto. Il mio essere silenziosa, tenermi tutto dentro, non condividere le paure, non mostrare, a chi mi sta accanto, che ho mille dubbi, che provo emozioni o che provo dell’affetto sincero per loro. Non so bene quando (o forse sì!), ma ho iniziato a chiudermi a riccio. Ho pensato: “A chi importa cosa sto provando? A chi importa di come sono? Perché devo legarmi a persone a cui non importa nulla degli altri? Che magari non sanno nemmeno di che tonalità di colore ho gli occhi”. Le persone sono sommerse dai pensieri quotidiani, devono correre o perderanno il treno, devono ignorarti o faranno tardi a quell’appuntamento, devi stare zitta perché, loro, hanno problemi più gravi. Ci si sente diversi, con nuove emozioni e hai paura a dirle. Allora combatti contro te stessa per stare zitta, per non confidare sensazioni a qualcuno che, nel frattempo, ha le dita e gli occhi che scivolano lungo lo smartphone, a parlare con chissà chi. E’ già così difficile aprirsi senza timore, perché farlo con chi non c’è? Piuttosto, infilo la testa sotto la terra e “Ehi, non ci sono! Sono invisibile!”.

Ma io non sono così.

Ho capito che chiudermi, a tutti, mi ha fatto perdere persone che, invece, hanno voglia di ascoltare. Ascoltare veramente, come me. Dovrebbe essere una cosa bella aver aperto finalmente gli occhi, vero? Eppure sembra quasi un fallimento essere ri-cambiati, cresciuti, maturati. Quelle poche persone che avevo intorno, sembrano rimaste indietro, lontane mille anni luce. E’ come ritrovarsi soli, su un masso circondato d’acqua e non avere altri sassi su cui appoggiare i piedi per raggiungere gli altri. O meglio, anche, per farsi raggiungere dagli altri. Cosa fai? Ti lamenti ancora? Non mi sembra il caso. Cerchi di sistemare un po’ il cuore, come quando sai che avrai degli ospiti e sistemi il tuo appartamento, per renderlo più accogliente a chi verrà. Osservi le pareti del cuore, c’è qualche foto, ma la cornice si è spostata. Un colpetto verso destra ed è di nuovo tutto ok. Forse c’è troppo buio. Il lampadario non va. Hai lasciato marcire i fili. Ti ritrovi ad essere l’elettricista del tuo cuore. Hai sempre aggiustato le cose da sola, no? Ma fuori? Sembra povero, spoglio, abbandonato. Sistemi qualche piantina, posizioni un vaso con i fiori più belli. Sentiranno, sicuramente, che hai piacere ad accoglierli.
Mi sembra tutto bellissimo, qualcuno verrà sicuramente a trovarmi e avrà voglia di sbirciare tra le mie cose, di restare seduto perché è bello stare in questo posto.
Sono stata brava. Me lo merito, no? Ma qualcosa non torna. Anche quando il mare sembra si sia disteso sul bagnasciuga, poi c’è sempre un’onda che ritorna. Ha rotto i vasi, sembra di nuovo un casino, un posto non curato.
Raccogli i cocci, di fretta. Qualcuno potrebbe vedere il casino che c’è e, stanco di aspettare, fugge.

Senti qualcuno che ride. Lo fai anche tu. Ti volti. Ti rendi conto che è la risata di chi, in realtà, c’è sempre stato. Chi ha sempre speso belle parole per te, nonostante tu l’abbia, troppe volte, abbandonato.

Ti rendi conto che le cose belle tornano sempre. Le vedi, non ci sono più, non ti chiedi dove sono, torneranno, portando qualcosa di ancor più bello con loro, lo sai.

Come i fiori di ciliegio in primavera.

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